(massima n. 1)
In tema di effetto estensivo dell'impugnazione in materia cautelare (art. 587 c.p.p.), la frammentazione del procedimento, derivante dalla diversità dei mezzi di impugnazione proposti, non preclude l'estensione degli effetti favorevoli della decisione, allorché il vizio del provvedimento cautelare sia così radicale da essere necessariamente comune a tutti i coindagati. (Nella specie il Gip — in pendenza di gravame avverso l'ordinanza di custodia cautelare in carcere, applicata nei confronti di più indagati del reato di cui all'art. 416 bis c.p. — ne aveva disposto la revoca, applicando contestualmente a tutti i coindagati la stessa misura cautelare, per lo stesso titolo, con una nuova ordinanza. Avverso quest'ultima ordinanza, uno dei coindagati proponeva istanza di riesame, e successivamente ricorso per cassazione, in esito al quale la Corte annullava senza rinvio l'ordinanza del tribunale e dichiarava, conseguentemente, l'inefficacia dell'ordinanza disposta dal Gip, perché emessa fuori dei casi consentiti dalla legge. L'altro coindagato — dopo avere, a sua volta, proposto ricorso per cassazione avverso la nuova ordinanza, deducendone l'abnormità, ricorso che si concludeva con il rigetto — chiedeva alla Corte di appello l'estensione degli effetti favorevoli della predetta sentenza di annullamento. La S.C. — premessa l'insussistenza di un giudicato preclusivo dell'effetto estensivo favorevole nei confronti del ricorrente, stante la diversità dell'oggetto dei due ricorsi — ha ritenuto che la frammentazione del procedimento non può costituire limite all'estensione dell'effetto favorevole della decisione cautelare quando essa abbia per oggetto un provvedimento affetto da vizio radicale, necessariamente comune a tutti i coindagati).