(massima n. 1)
Il provvedimento di sospensione del magistrato dalle funzioni e dallo stipendio, adottato ai sensi dell'art. 31, terzo comma del R.D.L. 31 maggio 1946, n. 511, in relazione all'art. 58 del D.P.R. 16 settembre 1958, n. 916, pur avendo una funzione lato sensu cautelare, ha natura sostanzialmente disciplinare, conseguendone che, per quanto non espressamente regolato dalle citate disposizioni, il modello cui deve ispirarsi la disciplina del procedimento diretto alla pronunzia del provvedimento stesso è quella propria del procedimento penale, ivi compresa la disposizione di cui all'art. 544 c.p.p. (del 1988, corrispondente all'art. 472 del codice del 1930), la quale prevedendo la deliberazione della decisione immediatamente dopo la discussione e la successiva lettura in udienza del dispositivo e della motivazione, se innova in tale ultima parte la previgente normativa — caratterizzata, in ogni caso dal rinvio della motivazione a momento successivo alla pronuncia del dispositivo — non contiene tuttavia la regola dell'ordinaria contestualità di questi due elementi della decisione, in quanto espressamente conferisce al giudice, in casi di motivazione complessa, la facoltà di siffatto rinvio, della quale, pertanto, può legittimamente avvalersi anche la sezione disciplinare del Consiglio Superiore della magistratura, ai fini suddetti, senza che rilevi in contrario l'immediata esecutività del provvedimento sospensivo sulla base del solo dispositivo e l'irretrattabilità di questo, una volta pronunciato.