(massima n. 1)
In materia di spese processuali penali, a differenza del processo civile, nei rapporti tra Stato e imputato non vige il principio della soccombenza. La materia è regolata dalle norme del c.p.p. (artt. 479 e 488 c.p.p. abrogato; artt. 425 e 427 nuovo c.p.p.), le quali escludono che lo Stato possa essere chiamato a rifondere le spese sopportate dall'imputato prosciolto o assolto, benché l'assistenza tecnica sia obbligatoria e non gratuita (salva l'ipotesi dell'ammissione al gratuito patrocinio). È manifestamente infondata l'eccezione di incostituzionalità della mancata previsione del rimborso delle spese all'imputato prosciolto o assolto con riferimento all'art. 24 Cost. La predetta norma garantisce a tutti la difesa come diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento, ma assicura soltanto ai non abbienti — in coerenza con i principi di cui agli artt. 2 e 3 Cost. — i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione. (Nella specie l'imputato — condannato in primo grado per contrabbando doganale relativo all'importazione di una autovettura, assolto in appello con formula piena, dopo la risoluzione da parte della corte di giusitizia della CEE di questioni attinenti all'art. 95 del trattato — aveva richiesto il rimborso delle spese processuali sostenute nel procedimento dinanzi alla Corte europea di giustizia, la quale aveva rimesso la statuizione sulle spese al giudice italiano, attesa la natura incidentale nel procedimento comunitario).