(massima n. 1)
Nelle controversie relative a sovvenzioni da parte della pubblica amministrazione per la promozione di determinate attività economiche, il discrimine fondamentale per la individuazione del giudice fornito di giurisdizione va rapportato alle posizioni giuridiche del privato interessato, il quale vanta nei confronti della P.A. una posizione sia di interesse legittimo (se la controversia riguardi una fase procedimentale precedente al provvedimento attuativo del beneficio o rispetto al potere della pubblica amministrazione di ritirare in via di autotutela il provvedimento concessorio — o anche solo di sospendere l'erogazione delle provvidenze concesse — per vizi di illegittimità o per contrasto sin dall'origine con il pubblico interesse), sia di diritto soggettivo (nei riguardi tanto della concreta erogazione del beneficio oggetto del finanziamento o della sovvenzione quanto della susseguente conservazione della disponibilità delle somme erogate di fronte alla posizione assunta dalla pubblica amministrazione con provvedimenti variamente definiti — revoca, decadenza, risoluzione — emanati in funzione dell'asserito inadempimento da parte del beneficiario per l'inosservanza della disciplina che regola il rapporto); ne consegue che, proposta domanda dinanzi al giudice ordinario per l'erogazione dei contributi revocati dalla pubblica amministrazione per vizi di legittimità nell'originaria concessione, la carenza di giurisdizione del giudice adito al momento della proposizione della domanda resta superata dall'annullamento, pronunciato dal giudice amministrativo con sentenza passata in giudicato, della revoca del provvedimento concessorio, stante il definitivo accertamento del diritto del privato alla erogazione dei benefici ad esso concessi, non ostandovi il principio espresso dall'art. 5 c.p.c. (a norma del quale la giurisdizione si determina in base allo stato di fatto esistente — ovvero alla legge vigente — al momento della proposizione della domanda, senza che abbiano rilevanza i successivi mutamenti), giacché esso è diretto a favorire, e non già ad impedire, la perpetuatio iurisdictionis, e trova perciò applicazione solo nel caso di sopravvenuta carenza di giurisdizione del giudice adito, non già nel caso inverso in cui il mutamento dello stato di fatto o di diritto comporti l'attribuzione della giurisdizione al giudice che ne era privo al momento della proposizione della domanda.