(massima n. 1)
Il “pericolo di fuga” atto a giustificare, ai sensi dell'art. 384, comma 1, c.p.p., il fermo dell'indiziato di un delitto, non può dirsi superato a causa della sopravvenuta effettività della fuga sol perché lo stesso indiziato si sia immediatamente allontanato dal luogo del fatto e sia rimasto momentaneamente irreperibile, giacché per condizione di chi si sia “dato alla fuga” (equiparata dall'art. 274, lett. B, c.p.p., ai fini della configurabilità dell'esigenza cautelare ivi prevista, a quella costituita dal “pericolo di fuga”, mentre una tale equiparazione non si rinviene nell'art. 384, comma 1, stesso codice), deve intendersi solo quella nella quale il soggetto abbia già realizzato lo scopo di sottrarsi, in modo per lui sufficientemente sicuro, alle ricerche della giustizia. (Nella specie, in applicazione di tale principio, la S.C. ha riconosciuto la correttezza della convalida del fermo disposto, sulla base della ritenuta permanenza del “pericolo di fuga”, nei confronti di un soggetto il quale, in quello spesso giorno, subito dopo aver commesso un omicidio, si era allontanato ed era risultato irreperibile alle immediate ricerche effettuate dalla polizia giudiziaria).