(massima n. 1)
In tema di applicazione della pena su richiesta delle parti, ove il giudice abbia inflitto una pena in contrasto con la previsione di legge ma in senso favorevole all'imputato, si ha un errore al quale la Corte di cassazione, in difetto di specifico motivo di gravame da parte del P.M., non può porre riparo, né con le formalità di cui agli artt. 130, 619 c.p.p., perché si versa in ipotesi di errore di giudizio e non di errore materiale del computo aritmetico della pena; né in osservanza all'art. 1 c.p. ed in forza del compito istituzionale proprio della Corte di cassazione di correggere le deviazioni da tale disposizione: ciò in quanto la possibilità di correggere in sede di legittimità la illegalità della pena, nella specie o nella quantità, è limitata all'ipotesi in cui l'errore sia avvenuto a danno e non in vantaggio dell'imputato, essendo anche in detta sede non superabile il limite del divieto della “reformatio in peius” (enunciato per il giudizio di appello, ma espressione di un principio generale, valevole anche per il giudizio di cassazione).