(massima n. 2)
La sentenza di condanna alla riduzione in pristino dello stato dei luoghi (nella specie, per l'accertata violazione del limite legale della proprietà stabilito dall'art. 913 c.c.), pronunciata nei confronti del dante causa, ha efficacia di titolo esecutivo altresì nei confronti dell'avente causa, che abbia acquistato dopo la formazione del giudicato, per atto tra vivi a titolo particolare, il fondo assoggettato all'esecuzione delle opere eliminative. Ove, tuttavia, il trasferimento del bene sia avvenuto prima dell'inizio del processo di esecuzione forzata di obblighi di fare, la legittimazione passiva all'azione esecutiva spetta esclusivamente a chi, tra l'alienante condannato e l'acquirente del diritto, abbia la materiale disponibilità della cosa, e possa, perciò, realizzare il risultato dovuto in base al titolo; qualora, invece, la titolarità o il possesso del bene vengano trasferiti nella pendenza del processo esecutivo, gli atti già compiuti contro il dante causa conservano validità nei confronti del successore, rimanendo a quest'ultimo consentito di interloquire sulle modalità dell'esecuzione, anche in sostituzione del primo.