(massima n. 1)
Poiché l'art. 307, comma secondo, c.p.p. non è compreso tra le norme che l'art. 245 delle disposizioni di attuazione prevede si applichino ai procedimenti che proseguono con l'applicazione delle disposizioni anteriormente vigenti, non è consentito il ripristino della custodia cautelare nei confronti di un imputato scarcerato per decorrenza dei termini di durata massima della custodia cautelare in un procedimento proseguente con l'applicazione del codice di procedura abrogato. (Fattispecie nella quale il giudice di appello, all'esito di condanna alla pena di 21 anni di reclusione per omicidio volontario, aveva contestualmente emesso, a richiesta del P.M. e sulla base dell'art. 307 c.p.p., un mandato di cattura nei confronti dell'imputato già scarcerato per decorrenza dei termini di custodia cautelare. La S.C. ha ritenuto illegittima tale pronuncia, trattandosi di processo di c.d. vecchio rito, e ha affermato altresì che sarebbe inammissibile un'interpretazione estensiva dell'art. 251 att. c.p.p. nel senso di comprendervi anche la disciplina dettata dal legislatore del 1988 in tema di provvedimenti in caso di scarcerazione per decorrenza dei termini, che si risolvono in malam partem nei confronti dell'imputato, poiché tale interpretazione dilaterebbe oltre il significato logico delle espressioni usate il dettato della disposizione transitoria e andrebbe contro il principio di prevalenza della disposizione più favorevole all'indagato-imputato).