(massima n. 1)
La possibilità di ripristinare la custodia cautelare contestualmente o successivamente alla sentenza di condanna, prevista dall'art. 307, comma secondo, lett. b), c.p.p. è realizzabile solo quando si accerti che la scarcerazione per decorrenza dei termini è avvenuta (o sarebbe dovuta avvenire) prima, e non dopo la pronuncia della sentenza di condanna, dovendo trovare applicazione in questa seconda ipotesi la norma del primo comma dello stesso art. 307, il quale indica i provvedimenti che devono essere adottati — permanendo ragioni di cautela (ivi compreso il concreto pericolo di fuga dell'imputato) — a seguito della caducazione della misura per lo scadere del termine massimo della sua durata. Ed invero, la norma dell'art. 307, comma secondo, lett. b), c.p.p. è una norma eccezionale rispetto alla regola secondo la quale, una volta decorsi i termini massimi di durata della misura cautelare, è vietato disporre la stessa misura per lo stesso fatto. (Fattispecie relativa a scarcerazione dell'imputato per scadenza del termine massimo di custodia maturato dopo la sentenza di condanna di primo grado. In relazione a tale situazione, la S.C. ha ritenuto corretto l'operato del tribunale della libertà, secondo il quale, poiché la sentenza era antecedente all'ordinanza di scarcerazione per decorso dei termini di durata massima della custodia cautelare, per il ripristino di quest'ultima sarebbe stata necessaria una modificazione della situazione processuale dell'imputato sopravvenuta alla scarcerazione).