(massima n. 1)
Ai fini dell'applicazione dell'articolo 297, comma 3, del c.p.p., la nozione di anteriore «desumibilità» delle fonti indiziarie, poste a fondamento dell'ordinanza cautelare successiva, dagli atti inerenti la prima ordinanza cautelare, non va confusa con quella di semplice «conoscenza» o «conoscibilità» di determinate evenienze fattuali. Infatti, la desumibilità, per essere rilevante ai fini del meccanismo di cui all'articolo 297, comma 3, del c.p.p., deve essere individuata nella condizione di conoscenza, da un determinato compendio documentale o dichiarativo, degli elementi relativi a un determinato fatto-reato che abbiano in sé una specifica «significanza processuale»; ciò che si verifica allorquando il pubblico ministero procedente sia nella reale condizione di avvalersi di un quadro sufficientemente compiuto ed esauriente (sebbene modificabile nel prosieguo delle indagini) del panorama indiziario, tale da consentirgli di esprimere un meditato apprezzamento prognostico della concludenza e gravità delle fonti indiziarie (articolo 273 del c.p.p.), suscettibili di dare luogo — in presenza di concrete esigenze cautelari (articolo 274 del c.p.p.) — alla richiesta e all'adozione di una (nuova) misura cautelare. In altri termini, la sola conoscenza o conoscibilità di un determinato evento o dato, discendente dalla sua storica esistenza, non può essere equiparata a una desumibilità processualmente significativa e finalisticamente orientata a valutazioni e apprezzamenti propri dell'attività di indagine preliminare, quale è quella richiesta ai fini dell'articolo 297, comma 3, del codice di procedura penale. (Mass. redaz.).