(massima n. 1)
Quando non si tratta di beni del demanio necessario, la demanialità non è una qualifica attribuita ad un bene in funzione del titolo di acquisto o della volontà inattuata di una determinata destinazione demaniale o del modo di atteggiarsi del potere di disposizione, ma una qualifica che attiene alla destinazione concreta del bene ed alla sua caratterizzazione funzionale secondo taluna delle varie destinazioni ad uso pubblico previste dalla legge per ciascuna delle categorie dei beni demaniali. Pertanto, deve escludersi che i beni acquistati dallo Stato in R.D. 7 luglio 1866 n. 3036 ed alla cosiddetta liquidazione dell'asse ecclesiastico, attuata con legge 15 agosto 1867 n. 3848, siano di diritto entrati a far parte del demanio pubblico indipendentemente dalla loro concreta destinazione ad una pubblica funzione non essendo in tal senso indicative le disposizioni degli artt. 2 del citato R.D. n. 3848 ed 11 del citato R.D. n. 3036, che, nel prevedere la devoluzione al «demanio» dello Stato dei beni dei soppressi enti morali, si sono riferite al patrimonio dello Stato seguendo il linguaggio del tempo, in cui il predetto sostantivo indicava il complesso dei beni appartenenti allo Stato o agli altri enti pubblici territoriali, nell'ambito del quale si distingueva il demanio pubblico dal demanio privato (fiscale o patrimoniale) a seconda della destinazione del bene e del regime della proprietà (pubblica o privata) a cui questo veniva concretamente assoggettato.