(massima n. 1)
In tema di misure cautelari, in ordine al valore di riscontro che una dichiarazione accusatoria resa da un collaboratore di giustizia assume nei confronti di altra chiamata in reità o correità, resa da altro o da altri soggetti parimenti qualificati, l'elemento richiesto dalla disposizione dall'art. 192, comma terzo, c.p.p., può essere costituito da qualsiasi circostanza, e quindi anche da un'altra dichiarazione accusatoria, sicché, salva la positiva dimostrazione del previo accordo menzognero tra i due (o più) dichiaranti, una dichiarazione in tal modo riscontrata e correttamente utilizzata ai fini di cui all'art. 273 c.p.p. Ne deriva che, poiché l'art. 273 c.p.p. richiede per l'adozione di una misura cautelare personale l'esistenza di gravi indizi di colpevolezza, senza altra e diversa qualificazione, l'elemento di riscontro può essere ben costituito dalla dichiarazione accusatoria resa da un coindagato, a condizione che le convergenti dichiarazioni accusatorie, ritenute intrinsecamente attendibili, siano realmente autonome e la loro coincidenza non sia fittizia, come nel caso che una chiamata in correità abbia condizionato l'altra.