(massima n. 2)
In tema di riparazione dell'errore giudiziario, esclusa l'operatività del limite stabilito per la riparazione dell'ingiusta detenzione, il carattere essenzialmente indennitario e non risarcitorio che deve riconoscersi a detta riparazione, in quanto basata sul presupposto di un danno non riconducibile ad atto illecito, se implica la necessità che la liquidazione si basi su criteri prevalentemente equitativi, non esclude, tuttavia, che possano e debbano trovare applicazione anche i criteri risarcitori civilistici relativamente ai danni, patrimoniali e non patrimoniali (ivi compreso il danno biologico e quello esistenziale) di cui, secondo le regole generali, risulti dimostrata la sussistenza e la riconducibilità alla condanna rivelatasi ingiusta, fermo restando che anche con riguardo a tali danni, ove essi non possano essere provati nel loro preciso ammontare, può farsi ricorso al criterio equitativo, secondo le regole stabiliti dagli artt. 1226 e 2056, comma primo, c.c. (Nella specie, in applicazione di tali principi, la Corte ha passato in rassegna le varie voci di danno riconosciute nella pronuncia di merito, verificandone la conformità ai principi civilistici e giungendo, per tale via, al parziale annullamento con rinvio della stessa pronuncia relativamente ad alcune di dette voci).