(massima n. 1)
L'art. 143, primo comma, c.p.p. che prevede, per l'imputato che non conosce la lingua italiana, il diritto di farsi assistere gratuitamente da un interprete al fine di poter comprendere l'accusa contro di lui formulata e di seguire il compimento degli atti cui partecipa, va applicato ogni volta che l'imputato abbia bisogno della traduzione nella lingua da lui conosciuta in ordine a tutti gli atti a lui indirizzati, sia scritti che orali. Da ciò consegue il diritto dell'imputato a vedersi notificato, tradotto nella lingua a lui nota, il decreto di citazione a giudizio, che costituisce l'atto fondamentale per instaurare un corretto rapporto processuale. La violazione di tale diritto, concernendo la citazione dell'imputato, integra una nullità assoluta, insanabile e rilevabile in ogni stato e grado del procedimento (artt. 178 e 179, primo comma, c.p.p.). (Nella fattispecie la Corte di cassazione ha annullato con rinvio l'impugnata sentenza di condanna di imputati, che ignoravano la lingua italiana, a cui era stato notificato il decreto di citazione per il giudizio, senza la traduzione in una lingua a loro nota).