(massima n. 2)
La mancata previsione nell'attuale dizione dell'art. 168 c.p.p. del principio contenuto nel previgente art. 176, comma 2, c.p.p. — in virtù del quale la relazione di notifica fa fede sino ad impugnazione di falso, per quanto l'ufficiale che eseguì la notificazione attesta aver fatto o essere avvenuto in sua presenza — non significa che il giudice possa liberamente valutare la falsità di un estremo documentato dalla relazione, sulla base di quanto adduce la parte, e, quindi, non implica la soppressione della natura fidefaciente dell'atto pubblico con conseguente potere del giudice di procedere a libera valutazione non solo del contenuto degli atti ma degli stessi elementi ai quali l'art. 2700 c.c. assegna rilievo pubblicistico, ma implica semplicemente la caduta dell'incidente di falso in omaggio alla direttiva della massima semplificazione nello svolgimento del processo. Ne consegue che restano pur sempre ferme, e quindi sottratte alla libera valutazione del giudice, ai sensi dell'art. 2700 c.c., le attestazioni concernenti i fatti compiuti dal pubblico ufficiale notificatore o quelli avvenuti al suo cospetto mentre resta estranea all'ambito della fede privilegiata la verità intrinseca delle circostanze di fatto e degli accadimenti non percepiti direttamente dall'ufficiale giudiziario ma appresi per mezzo di informazioni fornite dal destinatario o dal consegnatario della copia dell'atto di notifica ovvero anche da terzi.