(massima n. 1)
Pur in assenza di una esplicita disposizione come quella dettata, in tema di requisiti della sentenza, dall'art. 546 c.p.p. che sanziona con la nullità il difetto o l'incompletezza del dispositivo, non può escludersi la sussistenza di analogo vizio per le ordinanze a contenuto decisorio, che hanno, in definitiva, struttura e contenuto analoghi a quelli della sentenza ed al pari di questa decidono, eventualmente in modo irrevocabile, la questione di merito sostanziale che ne costituisce l'oggetto; né il dispositivo può desumersi implicitamente dalla parte motiva: la motivazione del provvedimento, infatti, può esplicare utilmente funzione di orientamento per la comprensione del dispositivo ma non può assumere valenza e funzione sostitutiva di questo, che manifesta il comando della legge nel caso concreto e dà certezza del contenuto preciso e indiscutibile della decisione, anche in relazione al potere di impugnazione riconosciuto alle parti. (Nel caso di specie l'ordinanza impugnata, emessa dal giudice dell'esecuzione, aveva deciso circa revoche ed applicazioni di condono relative a varie condanne pronunciate con più sentenze ma, dal dispositivo, non risultava statuizione alcuna in ordine alla richiesta di applicazione della disciplina del reato continuato ritualmente avanzata dall'interessato, sulla quale tuttavia, in motivazione, erano enunciate valutazioni di sostanziale rigetto).