(massima n. 1)
L'incertezza sulla individuazione anagrafica dell'imputato è irrilevante ai fini della prosecuzione del processo penale, quando sia certa l'identità fisica della persona, nei cui confronti è stata iniziata l'azione, potendosi, pur sempre, provvedere alla rettifica delle generalità erroneamente attribuite, nelle forme prescritte dall'art. 130 c.p.p. Da tanto consegue che — in assenza di una specifica regolamentazione codicistica dell'ipotesi in cui sorge l'incertezza in merito all'identità fisica dell'imputato — ove il dubbio sulla corrispondenza delle generalità alla persona fisica dell'imputato si presenti in fase di indagini preliminari, spetterà al P.M. provvedere, nell'ambito dei suoi poteri funzionali, agli accertamenti necessari, all'esito dei quali saranno formulate le conseguenti ed opportune richieste al giudice; ove, invece, il medesimo dubbio dovesse insorgere dopo che sia stata posta fine alle indagini preliminari, dovranno essere i giudici a disporre i relativi accertamenti. (Nella fattispecie, il Gip presso la pretura — richiesto dal P.M. di emettere decreto penale di condanna — aveva pronunciato sentenza dichiarando non doversi procedere per essere ignorato l'autore del fatto, sul rilievo che dalla lettura del fascicolo sorgevano dubbi che le generalità risultanti dalla richiesta del P.M. corrispondessero a quelle dell'effettivo autore del fatto. La Suprema Corte — in accoglimento del ricorso proposto dal procuratore generale presso la corte d'appello territorialmente competente — ha annullato l'impugnata sentenza enunciando il principio di cui in massima).