(massima n. 1)
Al termine «identità fisica» della persona, di cui all'art. 66, comma 2, c.p.p., si deve attribuire il significato che l'espressione assumeva nell'art. 81 dell'abrogato codice di procedura, e cioè quello di identità tra la persona nei cui confronti è stato instaurato il processo e quella che si giudica. È questa la nozione di «vero imputato», mentre il mero errore di generalità, da qualsivoglia causa cagionato, viene considerato come un errore materiale, soggetto alla procedura di rettifica di cui all'art. 130 c.p.p. Ne consegue che l'incertezza sull'individuazione anagrafica dell'imputato è irrilevante ai fini della prosecuzione del processo penale, allorquando sia certa l'identità fisica della persona nei cui confronti sia stata iniziata l'azione penale, detta situazione non pregiudicando il compimento di atti da parte dell'autorità giudiziaria procedente, né essendo idonea a ritardare o sospendere il processo, in quanto è pur sempre possibile provvedere alla rettifica delle generalità, erroneamente attribuite, nelle forme di cui al citato art. 130.