(massima n. 1)
Nelle controversie in tema di impugnazione del riconoscimento di figlio naturale (e di contestazione della legittimità), trova applicazione, in mancanza di una deroga esplicita, la regola generale prevista dall'art. 70, n. 3, c.p.c., secondo la quale nelle cause riguardanti lo stato e la capacità delle persone il P.M. deve (soltanto) intervenire sotto pena di nullità e non può, quindi, (anche) esercitare l'azione e proporre impugnazione. Né l'espressione «chiunque vi abbia interesse», usata dall'art. 263 c.c. per indicare i soggetti legittimati ad impugnare il riconoscimento, può ritenersi comprensiva del P.M., essendo essa riferibile ai soli soggetti privati che abbiano un interesse individuale qualificato (concreto, attuale e legittimo) sul piano del diritto sostanziale, di carattere patrimoniale o morale, allo essere o al non essere dello status, del rapporto, dell'atto dedotto in giudizio (ad es. gli eredi e di parenti di chi risulti il genitore legittimo o l'autore del riconoscimento, colui che allega di essere il vero genitore, ecc.).