(massima n. 1)
Atteso il fondamentale principio secondo cui non può darsi pronuncia di sentenza se non quando vi sia stato esercizio dell'azione penale in una delle forme previste dalla legge, deve qualificarsi come abnorme il provvedimento adottato in forma di sentenza dal giudice per le indagini preliminari con il quale detto giudice, a fronte di richiesta di archiviazione avanzata dal pubblico ministero, dichiari ai sensi dell'art. 22, comma 3, c.p.p., la propria incompetenza e disponga la trasmissione degli atti all'ufficio del pubblico ministero presso il giudice ritenuto competente. L'eventuale situazione di stallo che potrebbe determinarsi qualora, dichiarata invece ritualmente l'incompetenza con ordinanza, ai sensi del comma 1 del citato art. 22 c.p.p., e disposta la restituzione degli atti allo stesso pubblico ministero richiedente, questi, dissentendo da detta ordinanza, rinnovasse la richiesta di archiviazione, appare facilmente superabile mediante ricorso, da parte del giudice per le indagini preliminari, al meccanismo dell'imputazione coatta previsto dall'art. 409 comma 5, c.p.p. Questo, infatti, dando luogo ad una forma di esercizio dell'azione penale, ben può consentire una successiva dichiarazione di incompetenza in forma di sentenza, quale prevista dall'art. 22, comma 3, c.p.p.