(massima n. 1)
Nel giudizio per la dichiarazione della paternità naturale, l'affermazione del convenuto, secondo la quale la madre, nel periodo del concepimento, avrebbe avuto rapporti carnali anche con uomini diversi (cosiddetto exceptio plurium concubentium) non configura una eccezione in senso proprio, ma solo mera allegazione difensiva volta a infirmare l'efficacia probatoria della relazione intima fra i pretesi genitori della parte attrice e non comporta, quindi, per la sua proposizione, una inversione dell'onere della prova. Ne consegue che ove il convenuto non dimostri la validità della sua affermazione, non ne risulta per ciò aggravato l'onere probatorio che incombe alla parte attrice (tenuta a provare l'esistenza di rapporti intimi tra gli asseriti genitori all'epoca del concepimento), non potendo porsi a carico di chi agisce in giudizio l'onere di fornire la prova della inesistenza dei fatti negativi.