(massima n. 1)
Una volta intervenuta la separazione personale dei coniugi in regime patrimoniale di comunione dei beni, va escluso che continui a sussistere, a vantaggio dei terzi, una generale presunzione di comunione relativa ai beni che sono nella disponibilità esclusiva di uno di essi che non sia in grado di dimostrare con atto di data certa la proprietà individuale. Occorre infatti distinguere la presunzione di comproprietà posta dall'art. 195 c.c. che riflette i rapporti tra i coniugi, dalla presunzione posta dall'art. 197, che riguarda l'interesse dei terzi a non vedersi pregiudicata la possibilità di avvalersi degli effetti della presunzione medesima dall'avvenuto scioglimento della comunione rimesso alla esclusiva volontà dei coniugi ed attuato con il prelevamento effettuato da ciascuno di essi. Invero tra i coniugi il prelevamento dei beni effettuato da uno di essi sancisce il superamento della presunzione di comunione solo se avvenuto in accordo con l'altro, mentre nei riguardi dei terzi la presunzione di comproprietà dei beni non può continuare ad essere riferita a tutti i beni nell'esclusiva disponibilità del coniuge separato che li possiede, per il solo fatto che questi non sia in grado di dimostrarne la proprietà esclusiva con atto di data certa. Pertanto, il terzo che voglia avvalersi della presunzione di proprietà comune dei beni mobili non registrati, prelevati da uno dei coniugi a seguito di separazione personale e divisione del patrimonio, per potersi avvalere della presunzione stabilita dall'art. 197 c.c. deve dimostrare che il bene in contestazione sia stato acquistato in un momento anteriore allo scioglimento della comunione stessa.