(massima n. 1)
La confessione può esser invalidata — e non «revocata», perché gli effetti sostanziali e processuali di essa non sono rimessi alla volontà del dichiarante — soltanto se il confitente dimostra non solo l'inveridicità della dichiarazione, ma anche che la non rispondenza al vero di questa dipende o dall'erronea rappresentazione o percezione del fatto confessato, o dalla coartazione della sua volontà, e non già invece dall'aver erroneamente confidato sull'avveramento di quanto dichiarato consapevolmente in modo inveritiero. (Nella specie la S.C. ha escluso la legittimità dell'invalidazione della confessione stragiudiziale del creditore circa l'adempimento del debitore, costituita dalla fattura quietanzata rilasciatagli sapendo che questi non aveva adempiuto, ma sull'indotta aspettativa che avrebbe provveduto di lì a poco, mentre invece non si era fatto più vedere).