(massima n. 1)
In tema di false comunicazioni all'autoritą di vigilanza, premesso che esiste continuitą normativa tra la fattispecie prevista dall'abrogato art. 134 del D.L.vo n. 385/1993 e quella prevista dall'art. 2638 c.c., quale novellato dal D.L.vo n. 61/2002, deve ritenersi tuttora configurabile il reato anche nel caso in cui la falsitą sia contenuta in giudizi estimativi delle poste di bilancio, atteso che dal novero dei «fatti materiali» indicati dall'attuale norma incriminatrice come possibile oggetto della falsitą, vanno escluse soltanto le previsioni o congetture prospettate come tali, vale a dire quali apprezzamenti di carattere squisitamente soggettivo, e l'espressione, riferita agli stessi fatti, «ancorché soggetti a valutazione» va intesa in senso concessivo, per cui, in ultima analisi, l'oggetto della vigente norma incriminatrice viene a corrispondere a quello della precedente, che prevedeva come reato la comunicazione all'autoritą di vigilanza di «fatti non corrispondenti al vero». (Nella specie, in applicazione di tale principio, la Corte ha annullato la decisione di merito che aveva escluso la configurabilitą del reato in un caso in cui la falsitą era stata ravvisata nella dolosa sopravalutazione della posta di bilancio di un istituto bancario relativa ai crediti vantati nei confronti della clientela per avvenuta concessione di mutui e risultati, in effetti, di difficile o impossibile recupero).