(massima n. 1)
Il danno cagionato dal compimento di atti di concorrenza sleale non č "in re ipsa" ma, essendo conseguenza diversa ed ulteriore rispetto alla distorsione delle regole della concorrenza, richiede di essere autonomamente provato secondo i principi generali che regolano il risarcimento da fatto illecito. Ne consegue che solo la dimostrazione dell'esistenza del danno consente il ricorso al criterio equitativo ai fini della liquidazione.