(massima n. 1)
In tema di societā, la costituzione del rapporto societario e l'originario conferimento, pur rappresentando il presupposto giuridico del diritto del socio alla quota di liquidazione, non rilevano come fatto direttamente genetico di un contestuale credito restitutorio del conferente, configurandosi la posizione di quest'ultimo come mera aspettativa o diritto in attesa di espansione, destinato a divenire attuale soltanto nel momento in cui si addivenga alla liquidazione (del patrimonio della societā o della singola quota del socio, al verificarsi dei presupposti dello scioglimento del rapporto societario soltanto nei suoi confronti), ed alla condizione che a tale momento dal bilancio (finale o di esercizio) risulti una consistenza attiva sufficiente a giustificare l'attribuzione pro quota al socio stesso di valori proporzionali alla sua partecipazione. Pertanto, il credito relativo alla quota di liquidazione vantato dal socio di una cooperativa escluso dalla societā per effetto della dichiarazione di fallimento (ovvero, ai sensi dell'art. 2533 n. 5 c.c., nel testo introdotto dal D.L.vo 17 gennaio 2003, n. 6, a seguito della delibera di esclusione che č in facoltā della societā adottare in caso di fallimento del socio) nasce o comunque diviene certo esclusivamente nel momento in cui interviene quella dichiarazione (o quella delibera), con la conseguenza che, non potendosi considerare detto credito anteriore al fallimento, viene a mancare il presupposto necessario, ai sensi dell'art. 56 della legge fallimentare, per la compensabilitā dello stesso con i contrapposti crediti vantati dalla societā nei confronti del socio.