(massima n. 1)
Lo speciale regime ex art. 2384 c.c., di inopponibilità delle limitazioni del potere rappresentativo degli amministratori di una società per azioni ai terzi che non versino in situazione di dolo, per aver intenzionalmente stipulato un atto con il rappresentante sfornito di poteri in danno della società, trova applicazione in ogni caso in cui tale potere sussiste sia perché previsto dall'atto costitutivo o dalla delibera di nomina, sia perché derivante dalla stessa carica di amministratore. L'inciso «anche se pubblicate», enunciato nel secondo comma della menzionata disposizione codicistica, elimina in radice la possibilità che eventuali limitazioni del potere rappresentativo possano essere opposte al terzo contraente, allorché siano state adempiute le formalità ex lege per la pubblicazione degli atti societari. Conseguentemente, in coerenza con la ratio del menzionato art. 2384 c.c., ai fini dell'applicazione del principio enunciato non vi è ragione di distinguere le limitazioni contenute nell'atto costitutivo e nello statuto, da quelle risultanti in atti sociali, per i quali è prevista, dall'art. 29 della legge n. 266 del 1997, la pubblicazione mediante iscrizione o deposito nel registro delle imprese. (Nella specie, la S.C. ha confermato la decisione della corte territoriale che, con motivazione immune da censure, aveva escluso nella condotta del lavoratore, all'atto della sottoscrizione del verbale di conciliazione della controversia insorta con il datore di lavoro, la consapevolezza della carenza del potere rappresentativo del Presidente della società, di cui era dipendente, stipulando la conciliazione con un rappresentante sfornito di poteri, atteso il conflitto ingeneratosi, al cospetto della Commissione di conciliazione, tra le personalità che rivendicavano la legittimazione alla trattazione della vertenza di in nome della società, e al compimento dei relativi atti, sì da ingenerare il convincimento, sia pur erroneo, della piena titolarità dei poteri rappresentativi della persona conosciuta in qualità di Presidente del consiglio di amministrazione ed esponente di massimo livello della società e, nell'ottica semplice del lavoratore, gerarchicamente sovraordinata ad un consigliere delegato per gli affari del personale, si da assorbirne le competenze).