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Articolo 473 bis 40 Codice di procedura civile

(R.D. 28 ottobre 1940, n. 1443)

[Aggiornato al 02/03/2024]

Ambito di applicazione

Dispositivo dell'art. 473 bis 40 Codice di procedura civile

(1)Le disposizioni previste dalla presente sezione si applicano nei procedimenti in cui siano allegati abusi familiari o condotte di violenza domestica o di genere poste in essere da una parte nei confronti dell'altra o dei figli minori.

Note

(1) Disposizione inserita dal D. Lgs. 10 ottobre 2022 n. 149 (c.d. "Riforma Cartabia").
Il D. Lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, come modificato dalla L. 29 dicembre 2022, n. 197, ha disposto (con l'art. 35, comma 1) che "Le disposizioni del presente decreto, salvo che non sia diversamente disposto, hanno effetto a decorrere dal 28 febbraio 2023 e si applicano ai procedimenti instaurati successivamente a tale data. Ai procedimenti pendenti alla data del 28 febbraio 2023 si applicano le disposizioni anteriormente vigenti".

Spiegazione dell'art. 473 bis 40 Codice di procedura civile

Con questa norma si apre la sezione relativa agli abusi familiari ed alla violenza domestica di genere.
Scopo dell' introduzione di dette norme non è stato solo quello di ottemperare agli obblighi imposti dalla Convenzione di Istanbul, bensì soprattutto quello di evidenziare l'importanza che deve essere rivolta al contrasto a questa forma di violenza nell'ambito dei procedimenti disciplinati dal nuovo rito in materia di persone, minorenni e famiglie.

Sebbene conflittualità e violenza domestica possano apparire come nozioni similari, in realtà dal punto di vista ontologico sono profondamente differenti.
Infatti, mentre la conflittualità presuppone la parità tra le parti legate da relazioni disfunzionali, la violenza implica una prevaricazione di una parte sull'altra.
Non può infatti parlarsi di conflitto in presenza di violenza poiché nel primo vi è un concorso tra le due condotte dei soggetti coinvolti, nel mentre nella seconda vi sarà l' individuazione di un solo responsabile della condotta disfunzionale che dovrà essere identificato da parte del giudice come l'autore della violenza.

Qualora venga accertata la sussistenza di violenza domestica la bigenitorialità non deve essere garantita ad ogni costo ed il rifiuto del minore di frequentare il genitore violento deve ritenersi più che legittimo.
In situazioni di questo tipo solo un percorso di recupero da parte del genitore violento può giustificare la ripresa delle relazioni.

La norma in esame si presenta piuttosto generica sotto il profilo dell’elencazione delle fattispecie che possano ivi trovare tutela.
Il disposto, infatti, fa riferimento del tutto genericamente a quei procedimenti in cui siano allegati abusi familiari o condotte di violenza domestica o di genere poste in essere da una parte nei confronti dell'altra o dei figli minori.
La relazione illustrativa al D.Lgs. 10.10.2022 n. 149 precisa che proprio la dicitura generica dell'art. 473 bis 40, nel quale non vi è indicazione di uno specifico elenco di condotte rientranti nel campo di azione delle disposizioni in oggetto, è finalizzato ad estendere la tutela civile contro la violenza domestica a tutte le condotte che possono ritenersi meritevoli di tutela.
La norma non ricerca la presenza di reati, bensì di atti di violenza.
Ed infatti si potrebbero avere condotte non perseguibili penalmente (danneggiamenti non punibili, minacce non gravi, meri insulti spia di violenza), ma comunque giuridicamente rilevanti in ambito civile.
Ogni condotta, seppur non penalmente rilevante, dovrà essere meritevole di attenzione e conseguente tutela, rivestendo grande importanza nell’assumere decisioni anche in ambito civile aventi ad oggetto, tra le altre, le domande di affidamento e collocamento dei figli minori.
Tali domane, infatti, richiedono necessariamente una valutazione complessiva della personalità dei componenti del nucleo familiare strettamente connesse al conseguente accertamento della capacità genitoriale.

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