Cass. pen. n. 34476/2011
Il delitto di falsità nelle relazioni e nelle comunicazioni delle società di revisione, già previsto dall'abrogato art. 174-bis D.L.vo n. 58 del 1998 ed ora configurato dall'art. 27 D.L.vo n. 39 del 2010, non è richiamato nei cataloghi dei reati presupposto della responsabilità da reato degli enti che non menzionano le surrichiamate disposizioni e conseguentemente non può costituire il fondamento della suddetta responsabilità. (In motivazione la Corte ha altresì precisato che anche l'analoga fattispecie prevista dall'art. 2624 c.c., norma già inserita nei suddetti cataloghi, non può essere più considerata fonte della menzionata responsabilità atteso che il D.L.vo n. 39 del 2010 ha provveduto ad abrogare anche il citato articolo).
Cass. pen. n. 23227/2003
L'art. 136 del D.L.vo 1 settembre 1993, n. 385 (relativo al fatto di chi, esercitando funzioni di amministrazione, direzione e controllo presso una banca, contragga obbligazioni con lo stesso istituto di credito, in mancanza di apposita deliberazione dell'organo di amministrazione), non può ritenersi abrogato a seguito dell'entrata in vigore del D.L.vo 11 aprile 2002, n. 61, che ha radicalmente modificato l'art. 2624 c.c. al quale lo stesso art. 136 rinvia, ancora oggi, ai fini dell'individuazione della pena da irrogare. Ed, infatti, tale rinvio non è quoad poenam, sì che possa essere recepito il diverso trattamento sanzionatorio previsto dalla novella, nonostante il nuovo art. 2624 abbia introdotto una tipologia di reato (Falsità nelle relazioni e nelle comunicazioni delle società di revisione) radicalmente diversa dalla precedente fattispecie (Prestiti e garanzie della società), oggi non più penalmente rilevante. Ne consegue che la pena prevista dalla vecchia formulazione del menzionato art. 2624 c.c., che presentava tratti di analogia con la fattispecie di reato di cui all'art. 136 (tanto da giustificare l'identità di trattamento sanzionatorio) deve intendersi come trascritta nel testo di quest'articolo, il cui precetto continua, dunque, ad essere sanzionato con la pena congiunta della reclusione e della multa, così come in precedenza previsto, e non già con la pena dell'arresto, di cui al novellato art. 2624, comma primo.