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Articolo 2355 bis Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 25/09/2024]

Limiti alla circolazione delle azioni

Dispositivo dell'art. 2355 bis Codice Civile

Nel caso di azioni nominative ed in quello di mancata emissione dei titoli azionari, lo statuto può sottoporre a particolari condizioni il loro trasferimento e può, per un periodo non superiore a cinque anni dalla costituzione della società o dal momento in cui il divieto viene introdotto, vietarne il trasferimento.

Le clausole dello statuto che subordinano il trasferimento delle azioni al mero gradimento di organi sociali o di altri soci sono inefficaci se non prevedono, a carico della società o degli altri soci, un obbligo di acquisto oppure il diritto di recesso dell'alienante; resta ferma l'applicazione dell'articolo 2357. Il corrispettivo dell'acquisto o rispettivamente la quota di liquidazione sono determinati secondo le modalità e nella misura previste dall'articolo 2437 ter.

La disposizione del precedente comma si applica in ogni ipotesi di clausole che sottopongono a particolari condizioni il trasferimento a causa di morte delle azioni, salvo che sia previsto il gradimento e questo sia concesso.

Le limitazioni al trasferimento delle azioni devono risultare dal titolo.

Ratio Legis

L'articolo in esame contempera da una parte l'esigenza di preservare i caratteri fondamentali delle società di capitali, tra i quali va annoverato quello della libera trasferibilità della partecipazione, dall'altra la necessità di non comprimere eccessivamente gli spazi rimessi all'autonomia privata: ne risulta una disciplina che consente espressamente l'inserimento di clausole limitative della circolazione azionaria, purché si tratti di vincoli temporanei o comunque incapaci di precludere in assoluto il trasferimento della partecipazione.

Spiegazione dell'art. 2355 bis Codice Civile

La partecipazione azionaria è, in linea di principio, liberamente trasferibile per atto tra vivi o mortis causa. Lo statuto può tuttavia porre delle condizioni al trasferimento, sebbene non possa limitarlo del tutto. La clausola che preveda un divieto assoluto di alienazione delle partecipazioni o un divieto temporaneo di durata superiore ai cinque anni è da reputarsi infatti nulla per contrarietà a norma imperativa.

Generalmente, le clausole limitative possono prevedere:
  • un divieto assoluto di alienazione, se temporaneo e limitato entro i cinque anni;
  • l’attribuzione ai soci del diritto di prelazione sulle quote oggetto di trasferimento (clausola di prelazione);
  • la fissazione dei requisiti che l’acquirente deve dimostrare affinché il trasferimento possa essere efficace nei confronti della società;
  • la necessità che un organo sociale (assemblea o consiglio di amministrazione) esprima il proprio gradimento (clausola di gradimento): nel caso in cui lo statuto non determini preventivamente i criteri valutativi che dovranno essere adottati dall’organo investito del potere di approvare il trasferimento (clausola di mero gradimento), esentando lo stesso organo dall’obbligo di motivare la propria decisione, la clausola rimarrà inefficace laddove lo statuto non preveda altresì l’obbligo di acquisto delle azioni da parte della società o il diritto di recesso dell’alienante (in caso di diniego del gradimento). La disciplina valevole per le clausole di mero gradimento deve necessariamente applicarsi a tutte le limitazioni statutarie che vincolino la circolazione mortis causa della partecipazione azionaria al ricorrere di determinate condizioni individuate nello statuto.
Va in ogni caso precisato che la norma in oggetto sarà applicabile esclusivamente al trasferimento avente ad oggetto partecipazioni azionarie non rappresentate da titoli o rappresentate da titoli azionari nominativi, derivandone che qualsiasi limitazione apposta alla circolazione dei titoli al portatore sarà illegittima e comporterà la nullità della relativa clausola.

La violazione dei patti sociali limitativi, in ogni caso, non incide sul valido perfezionamento del trasferimento, bensì sulla mera efficacia dello stesso nei confronti della società.

I limiti possono essere introdotti, modificati o rimossi attraverso una modificazione dello statuto, con delibera assunta a maggioranza dall'assemblea straordinaria. La competenza dell’assemblea straordinaria può essere desunta dall’art. 2437, laddove attribuisce al socio dissenziente o assente il diritto di recedere innanzi all’approvazione di clausole che vincolino la circolazione delle azioni, salvo diversa previsione statutaria.

Divieti e limiti al trasferimento possono essere inoltre contenuti anche in patti parasociali (sindacati di blocco, v. art. 2341 bis), i quali avranno tuttavia efficacia meramente obbligatoria nei confronti delle parti.

Massime relative all'art. 2355 bis Codice Civile

Cass. civ. n. 16168/2014

È valida la clausola statutaria che preveda che la consistenza patrimoniale della società, alla quale fa riferimento l'art. 2437 ter, secondo comma, cod. civ. ai fini della liquidazione della partecipazione in caso di recesso del socio (ovvero, in virtù del richiamo di cui all'art. 2355 bis, terzo comma, cod. civ., nell'ipotesi di prelazione nella circolazione "mortis causa"), venga valutata secondo un criterio che tenga conto dell'utilizzo dei cespiti nella prospettiva della continuità aziendale (cosiddetto "going concern") atteso che, da un lato, la valutazione della consistenza patrimoniale può essere effettuata secondo una molteplicità di criteri, sicché la scelta statutaria del criterio del "going concern" non può ritenersi adottata in violazione di legge, mentre, dall'altro, tale criterio si mostra coerente con la condizione dei beni organizzati in azienda, il cui valore complessivo non si risolve nella somma del valore statico dei singoli beni, ma è inevitabilmente influenzato dalla prospettiva della continuazione dell'attività.

Cass. civ. n. 12797/2012

Il patto di prelazione inserito nello statuto di una società di capitali ed avente ad oggetto l'acquisto delle azioni sociali, poiché è preordinato a garantire un particolare assetto proprietario, ha efficacia reale, in caso di violazione, è opponibile anche al terzo acquirente.

Il socio di una società di capitali che lamenti la violazione del suo diritto di prelazione nel caso di vendita di azioni sociali, statutariamente previsto, non può limitarsi a dimostrare in giudizio l'esistenza del suddetto patto, ma deve anche allegare e provare che dalla sua violazione è derivata una lesione del suo interesse a rendersi acquirente delle azioni trasferite a terzi.

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