Le espressioni che possono avere più sensi devono, nel dubbio, essere intese nel senso più conveniente alla natura e all'oggetto del contratto.
Le espressioni che possono avere più sensi devono, nel dubbio, essere intese nel senso più conveniente alla natura e all'oggetto del contratto.
(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)
Cass. civ. n. 34795/2021
In tema di interpretazione del contratto, l'elemento letterale, pur assumendo funzione fondamentale nella ricerca della effettiva volontà delle parti, deve invero essere riguardato alla stregua degli ulteriori criteri ermeneutici e, segnatamente, di quelli dell'interpretazione funzionale ex art. 1369 c.c. e dell'interpretazione secondo buona fede ex art. 1366 c.c., avuto riguardo allo "scopo pratico" perseguito dalle parti con la stipulazione del contatto, e quindi della relativa "causa concreta".Cass. civ. n. 24699/2021
Nell'interpretazione di una clausola negoziale, la comune intenzione dei contraenti deve essere ricercata sia indagando il senso letterale delle parole, alla luce dell'integrale contesto negoziale, ai sensi dell'art. 1363 c.c., sia utilizzando i criteri di interpretazione soggettiva di cui agli artt. 1369 e 1366 c.c., rispettivamente volti a consentire l'accertamento del significato dell'accordo in coerenza con la relativa ragione pratica o causa concreta e ad escludere, mediante un comportamento improntato a lealtà e salvaguardia dell'altrui interesse, interpretazioni in contrasto con gli interessi che le parti abbiano inteso tutelare con la stipulazione negoziale, in una circolarità del percorso ermeneutico, da un punto di vista logico, che impone all'interprete, dopo aver compiuto l'esegesi del testo, di ricostruire in base ad essa l'intenzione dei contraenti e di verificare se quest'ultima sia coerente con le restanti disposizioni dell'accordo e con la condotta tenuta dai contraenti medesimi. (In applicazione del suddetto principio, la S.C. ha cassato la sentenza di merito che aveva ritenuto inammissibile la domanda del lavoratore volta al conseguimento di differenze retributive, considerate oggetto della generale rinunzia, contenuta in un verbale di conciliazione transattiva, "ad ogni domanda connessa all'esecuzione e cessazione del rapporto", senza valorizzare una esplicita clausola di salvezza altresì prevista nel predetto verbale).Cass. civ. n. 10825/2020
Nell'interpretazione del contratto di assicurazione, che va redatto in modo chiaro e comprensibile, il giudice non può attribuire a clausole polisenso uno specifico significato, pur teoricamente non incompatibile con la loro lettera, senza prima ricorrere all'ausilio di tutti gli altri criteri di ermeneutica previsti dagli artt. 1362 ss. c.c. e, in particolare, a quello dell'interpretazione contro il predisponente di cui all'art. 1370 c.c.Cass. civ. n. 6675/2018
In tema di interpretazione del contratto, l'elemento letterale, sebbene centrale nella ricerca della reale volontà delle parti, deve essere riguardato alla stregua di ulteriori criteri ermeneutici e, segnatamente, dell'interpretazione funzionale, che attribuisce rilievo alla causa concreta del contratto ed allo scopo pratico perseguito dalle parti, oltre che dell'interpretazione secondo buona fede, che si specifica nel significato di lealtà e si concreta nel non suscitare falsi affidamenti e nel non contestare ragionevoli affidamenti ingenerati nella controparte.Cass. civ. n. 15471/2017
In tema di interpretazione di clausole contrattuali recanti espressioni non univoche, la contestazione proposta in sede di legittimità non può limitarsi a prospettare una pur plausibile interpretazione alternativa delle clausole stesse, fondata sulla valorizzazione di talune espressioni ivi contenute piuttosto che di altre, ma deve rappresentare elementi idonei a far ritenere erronea la valutazione ermeneutica operata dal giudice del merito, cui l’attività di interpretazione del contratto è riservata.Cass. civ. n. 5754/1993
In presenza di due patti contrattuali, ciascuno con chiaro significato, ma fra loro contrapposti, trova applicazione il criterio ermeneutico di cui all'art. 1369 c.c., sull'interpretazione più conveniente alla natura ed all'oggetto del contratto, tenendo conto che la norma, riferendosi alle ipotesi di «espressioni con più sensi», include il caso in cui un duplice senso sia evincibile, anziché dallo stesso contesto, da passi distinti del documento negoziale.Cass. civ. n. 10816/1991
Nell'interpretazione delle disposizioni collettive di diritto comune — censurabile in sede di legittimità per violazione delle regole legali di ermeneutica contrattuale e per vizi di motivazione — il giudice del merito può far ricorso alla regola d'interpretazione oggettiva dettata dall'art. 1369 c.c., solo previa dimostrazione della insufficienza dell'interpretazione soggettiva secondo i criteri (aventi carattere prioritario) dettati dagli artt. da 1362 a 2365 dello stesso codice. (Nella specie — concernente la questione della legittimità del licenziamento alla stregua di una clausola collettiva statuente la comunicazione al lavoratore del provvedimento disciplinare con lettera raccomandata entro un determinato termine — la S.C. ha cassato l'impugnata sentenza, censurandola per aver affermato senza adeguata motivazione l'ambiguità del dato letterale e per aver quindi ritenuto, alla stregua del detto criterio oggettivo, che la clausola richiedesse, nel termine fissato, la sola spedizione del provvedimento sanzionatorio, anziché la conoscenza di esso da parte del destinatario, in contrasto con la natura di atto unilaterale ricettizio propria del licenziamento).
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