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Articolo 1364 Codice Civile

(R.D. 16 marzo 1942, n. 262)

[Aggiornato al 26/11/2024]

Espressioni generali

Dispositivo dell'art. 1364 Codice Civile

Per quanto generali siano le espressioni usate nel contratto, questo non comprende che gli oggetti sui quali le parti si sono proposte di contrattare.

Ratio Legis

La norma vuole evitare che il senso che si attribuisce al contratto esorbiti dallo scopo cui le parti tendevano.

Spiegazione dell'art. 1364 Codice Civile

L'art. 1364 e l'elemento intenzionale

L'art. 1364 del codice del 1942 è simile, ma non identico all’art. #1138# del codice del 1865. Il contratto, diceva quest'ultimo articolo, «non comprende che le cose sopra le quali apparisce che le parti si sono proposte di contrattare». Invece l'art. 1364 dice che il contratto «non comprende che gli oggetti sui quali le parti si sono proposte di contrattare». L'accentuazione del criterio intenzionale, nel nuovo codice, è manifesta. E’ vero che il primo inciso, comune, dice: «per quanto generali siano le espressioni usate nel contratto», cosicché, anche nel vecchio codice, le espressioni generali perdono rilevanza di fronte alla apparenza della intenzione, quale emerge dalle clausole; ma il testo del 1942, eliminando l'allusione all'apparenza, invita l'interprete ad una più intima investigazione dell'interiore volontà.

Come vedremo, tuttavia, la riserva mentale nel nostro sistema antico e nuovo, non viene presa in considerazione. Di ciò non si dubita, pur divergendo le opinioni sulla fonte da cui simile norma si desume, fonte che, a nostro avviso, trovasi nel successivo art. 1366. Ora il nuovo testo dell'art. 1364 potrebbe invocarsi da taluno per scalfire il principio della irrilevanza della riserva mentale, o, quanto meno, della espressione ambigua, usata sia pure solamente per colpa, nella determinazione dei confini del contratto. Non crediamo sia lecito indulgere a tale interpretazione. L'art. 1364 va messo in relazione con gli articoli 1362 e 1366, cosicché, anche per stabilire i confini del contratto, devono valere i criteri interpretativi generali che proteggono la buona fede di chi fece affidamento sulle espressioni altrui: il ritocco fatto al testo del 1865 dal legislatore del 1942 evita la prevalenza della lettera sulla volontà contrattuale comune, ma non altera il sistema del codice vigente, nel quale anzi le esigenze della buona fede furono particolarmente sottolineate. Stabilita così la volontà contrattuale, essa prevale sugli usi interpretativi (art. 1368) per fissare l'estensione del contratto.


Il programma contrattuale

La determinazione dei confini del contratto è argomento più grave che non l'interpretazione delle singole clausole, perché fissa i limiti di competenza del vincolo contrattuale. D'altra parte non è raro che i contraenti, consapevoli di tali confini e fiduciosi della reciproca buona fede, trascurino di enunciarli e si scambino promesse con espressioni più late di quanto tali confini comporterebbero.
Di qui la ragione d'essere dell'art. 1364, il quale, attentamente considerato, risulta essere un corollario dell'articolo precedente sulla unità contrattuale. E può dirsi che l'unità contrattuale deriva dall'oggetto o dal complesso degli oggetti della stipulazione, ricollegati fra loro dalla causa comune.

Qui conviene di nuovo raffrontare il testo del 1865 col testo del 1942. Il testo del 1865 diceva che il contratto non comprende che le cose sulle quali le parti si sono proposte di contrattare. Il testo del 1942 dice che il contratto non comprende che gli oggetti sui quali le parti si sono proposte di contrattare. Ora, se la mutazione di linguaggio si intendesse nel senso che gli oggetti sono qui presi in senso tecnico come le prestazioni, la norma sarebbe inutile, perché nessuna prestazione è dovuta se non fu voluta dalle parti, anche prescindendo dall'art. 1364. Invece, il testo del 1 942 deve interpretarsi non dimenticando il testo del 1865; gli oggetti, qui, non sono le singole prestazioni, ma proprio le cose costituenti il programma contrattuale delle parti, come materia nel contratto compresa. La causa del contratto esercita qui la sua in­fluenza, a nostro avviso, per determinare tale materia. Ecco perché, secondo noi, il testo del 1865 aveva opportunamente evitato di parlare degli oggetti. In verità, neanche le cose non costituivano espressione felice, perché potevano far pensare a rapporti reali, ed in ogni modo era espressione indeterminata, cosicché è bene che sia stata eliminata dal testo del 1942. Ma resta fermo, anche in questo testo, che i limiti del contratto si desumono dal programma voluto dalle parti; solo così si stabilisce se la prestazione, apparentemente compresa, cada o non cada nel vincolo che dal contratto scaturisce. Efficacemente dice Ulpiano: «id de quo cogitatum non docetur».


Gli articoli 1363 e 1364 e l’estensione degli obblighi contrattuali

Rimane a chiedersi se la norma dell'art. 1364 ammetta interpretazione a contrario, nel senso che le obbligazioni si estendano a tutto il programma contrattuale, anche se non siano espressamente menzionate. Se si considera l'art. 1364 isolatamente, sembra che il legislatore si sia preoccupato di evitare sconfinamenti, piuttosto che di estendere i doveri delle parti a tutto il campo del contratto. Ma se si considera l'art. 1364 in relazione all'art. 1363, si scorge come l'art. 1364 aiuti l'art. 1363 a compiere l'ufficio suo, perché, fissati i confini oltre i quali i doveri contrattuali non si estendono, implicitamente consente che tali doveri si impongano entro i suddetti confini, ogniqualvolta la buona fede contrattuale lo esiga. Ecco perché, a proposito dell'art. 1364, si è esattamente sostenuto che, quando la convenzione ha per oggetto una uni­versalità di cose, tutti gli elementi sono compresi nel contratto, perfino ignoti, se non sono esclusi, ciò che si verifica, per esempio, per la vendita dell'eredità o dell'azienda commerciale.

Relazione al Codice Civile

(Relazione del Ministro Guardasigilli Dino Grandi al Codice Civile del 4 aprile 1942)

Massime relative all'art. 1364 Codice Civile

Cass. civ. n. 33451/2021

Nell'interpretazione del contratto, il primo strumento da utilizzare è il senso letterale delle parole e delle espressioni adoperate, mentre soltanto se esso risulti ambiguo può farsi ricorso ai canoni strettamente interpretativi contemplati dall'art. 1362 all'art. 1365 c.c. e, in caso di loro insufficienza, a quelli interpretativi integrativi previsti dall'art. 1366 c.c. all'art. 1371 c.c.

Cass. civ. n. 12367/2018

Qualora, rispetto ad un medesimo rapporto, siano sorte o possano sorgere tra le parti più liti, in relazione a numerose questioni tra loro controverse, l'avere dichiarato, nello stipulare una transazione, di non aver più nulla a pretendere in dipendenza del rapporto, non implica necessariamente che la transazione investa tutte le controversie potenziali o attuali, dal momento che a norma dell'art. 1364 c.c. le espressioni usate nel contratto per quanto generali, riguardano soltanto gli oggetti sui quali le parti si sono proposte di statuire. Ne consegue che, se il negozio transattivo concerne soltanto alcuna delle stesse, esso non si estende, malgrado l'ampiezza dell'espressione adoperata, a quelle rimaste estranee all'accordo, il cui oggetto va determinato attraverso una valutazione di tutti gli elementi di fatto, con apprezzamento che sfugge al controllo di legittimità qualora sorretto da congrua motivazione.

Cass. civ. n. 25405/2013

In tema di interpretazione di un contratto di assicurazione, la descrizione della singola cosa assicurata, contenuta in una assicurazione contro i danni, non può mai considerarsi una "espressione generale" per i fini di cui all'art. 1364 cod. civ., e non è inibito al giudice di merito di fare ricorso agli altri criteri legali di ermeneutica per stabilire se la descrizione contrattuale, in caso di ambiguità, debba essere interpretata estensivamente o retroattivamente.

Cass. civ. n. 2616/1976

L'art. 1364 c.c. non vieta di accertare, secondo le comuni regole dell'interpretazione, se nella comune intenzione degli stipulanti, l'oggetto del contratto fosse più o meno ampio, indipendentemente dal tenore letterale delle parole usate, e, quindi, non esclude che l'oggetto stesso, quale effettivamente considerato e voluto dai contraenti, possa comprendere anche rapporti non specificamente menzionati. Il relativo accertamento è demandato al giudice del merito e non è censurabile in Cassazione, purché sia sorretto da adeguata e logica motivazione.

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