L'interruzione della gravidanza, procurata mediante pratiche o farmaci abortivi, non era ritenuta un reato dal diritto romano repubblicano. A partire dal III secolo d.C., il procurato aborto fu invece considerato un crimine contro la stirpe, e punito in modo severo: confisca dei beni, confino, e, se gli imputati appartenevano alle classi inferiori, perfino i lavori forzati.